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Autore: hierbamala1
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Sandrin leader degli Hierbamala «In triestino si canta la poesia»

Da trent’anni a Varese esce con una serie di singoli che riverserà nel quarto album «Il reggae è la tavolozza dei colori giusti e il dialetto è pieno di sfumature»
Elisa Russo 17 Gennaio 2022
«Il dialetto per me è la lingua del cuore. Se devo dire qualcosa che sento profondamente, o anche se mi arrabbio, lo uso. E allora perché non scrivere i testi delle canzoni in triestino?». È una storia peculiare quella della Hierbamala, band reggae-rocksteady che fa base a Varese, dove vive da più di trent’anni il leader, cantante e paroliere triestino Carlo “Premdhyan” “Pindi” Sandrin. In attività dal 1997, concerti in tutt’Italia e fuori, tre album all’attivo e ora una serie di freschissimi singoli, tutti con i testi in triestino: “Sé quel che magnè”, “La spina” e in questi giorni esce su tutte le piattaforme digitali “Eva”, che canta della “bissa inamorada” (qui il serpente non tenta Eva bensì ne è innamorato) con un son cubano da ballare e uno sguardo alla Jamaica; seguiranno nuove canzoni con cadenza poco più che mensile, fino a formare l’intero album “Omnia Sunt Communia” (Rehegoo Music).
«Il dialetto mio – spiega Sandrin – qua non lo capiscono, ma piace perché suona bene, sono convinto che le stesse parole in italiano suonerebbero finte. Può assomigliare allo spagnolo, si sposa con le melodie. E in fondo l’inglese del rock’n’roll alla “Tutti Frutti” chi lo capiva?». Il cantante e chitarrista classe ’63, ha un passato musicale che comincia in città: «All’ex Opp – ricorda – c’era un intero padiglione con le stanze di contenzione riconvertite in sala prove gratis, trovavi Steel Crown, Revolver, gruppi punk che suonavano giorno e notte», al fianco di amici musicisti oggi affermati (ed emigrati all’estero) come Giancarlo Spirito e Maurizio Ravalico. «Con Ravalico – prosegue – ho tenuto il mio primo concerto. E poi ho frequentato la scuola agraria a Cividale, il mio compagno di banco era il bassista dei Detonazione, scappavamo a Zugliano e c’era un gruppone con il sassofonista dei DHG, arrivavano da Pordenone quelli del Great Complotto, altri da Trieste».
Gira l’Europa con i Running Stream che diventano un culto per gli amanti della musica garage e i collezionisti di vinili finché rocambolescamente si ritrova in «Un esodo degli arancioni di Osho, prima verso la Puglia e poi verso il Lago Maggiore, ci siamo radunati in una comunità e dopo, verso la metà degli anni ’90, ci siamo sparpagliati di nuovo in giro per il mondo, Berlino, Londra ma io sono rimasto in provincia di Varese». Nel ’97, dopo aver sperimentato diversi generi, trova una strada: «Ero stato in India, dove si faceva meditazione e per me il reggae era la musica che ti fa ballare dentro quando chiudi gli occhi. Il reggae è la tavolozza dei colori giusti. Ma la cosa che mi ha cambiato completamente è l’incontro con la musica di Manu Chao, “Clandestino” è stato un’illuminazione, mi ha fatto capire che potevo fare canzoni in triestino sull’impianto della patchanka, il rock, rocksteady».
Sandrin ha anche esperienze radiofoniche: dagli esordi in città con RadioAttività fino al lavoro come responsabile ufficio pubblicità di Rete 8 a Varese. «Vivo a Biandronno da più di trent’anni, ma ho un filo costante con Trieste, dove ho i genitori, un figlio e un nipote, cugini, parenti e amicizie». Con un occhio anche alla musica locale: «Dico la verità, sono un po’ invidioso di Toni Bruna – confessa – la prima volta che l’ho sentito ho pensato: “io sta roba la faccio da anni e tutti a dirmi che il triestino si può usare solo per ridere”! E invece, guarda Toni Bruna: semplice, diretto, poetico: si può fare, il dialetto offre una possibilità di scrittura ricca di sfumature e profondità». —
La Prima Volta fu con Tupper Zuckye
La Prima Volta fu con TapperZuckie.
Ero un ragazzetto carino e di buona famiglia nella Trieste 1979. 16 anni; l’età che oggi ha mio figlio.
Da poco frequentavo quell’ambiente carico di novità e passione che erano le Radio Libere. A Muggia era nata RadioAttività.
Un gruppetto di ragazzetti e un visionario come l’artista, fotografo e “tanterobe” Mario Sillani detto “Piccolo” avevano iniziato a spippolare nell’etere giuliano e io mi ero aggregato.Tra le voci più interessanti della radio c’era Ornella Macor; curiosa e affamata di ascoltare prima di parlare.
Ogni volta che mandava un pezzo potevi essere certo che nessuno da Capodistria a Monfalcone lo avesse sentito prima.

Fossero i Dissidenten, Faust’o o la NewWave inglese o il Punk californiano. Un giorno Ornellaentra in radio quasi febbricitante ma non era malata: …e butta sul piatto un vinile. La puntina gratta implacabile tra i microsolchi e non si ferma.
Troppo tardi.
I primi colpi del nuovo album di TapperZuckie mi colpirono come una intera Reggae band durante una rissa. Non fu amore al primo ascolto; fu più un’infezione lenta e inarrestabile. Poco dopo ascoltai Babylon by Bus di Bob Marley ma l’effetto “flash” se l’era pappato il calvo afrolondinese.
La prima volta aveva fatto male ma poi… mi è piaciuto.
Che ora è a Babylonia?
“Ora d’aria” è uno dei primi pezzi reggae che ho scritto. Parlo di molto tempo fa.1993.
A quel tempo il movimento reggae italiano, per tutto il Lombardistan e l’Insubria Rebel aveva come punto di riferimento “Raga Radio Station” programma radiofonico di Vito War sulle frequenze di Radio Popolare Milano che, insieme ai big Jamaicani, metteva in onda il reggae italiano.
Io lo ascoltavo ma non mi ci trovavo con la costruzione dei testi, con la lingua usata, con le idee che già allora mi sembravano “copia incolla” ma non volevo neanche la canzone italiana in salsa Jamaica ; cercavo qualcosa che suonasse meglio e che si staccasse dai clichè tipici degli eventi reggae.
Ho provato a scrivere una poesia in “levare”.
E‘ venuta fuori così: “Ora d’aria” |
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Poi.
Appena nata l’ho portata in audizione e per la prima volta facevo ascoltare un pezzo reggae.
La Baby Records aveva un ufficio sontuoso dentro gli uffici sontuosi della Five Records a sua volta all’interno dei sontuosi uffici di Mediaset a Cinisello Balsamo, La guardia giurata all’entrata guardò male il mio chitarrino (usato sicuro del mio amico Arshad) e anche Max Venegoni e Mauro Orlandelli (i boss dell’etichetta).
Loro erano abituati a gente che gli faceva sentire un demo figo, registrato figo e mixato figo.
Invece ero io e il chitarrino
Alla fine la canzone fece il suo lavoro e scaldò quei cuori pelosi.
Pacche sulla spalla e “Bella Vero … però: … ci fai un demo figo registrato figo e mixato figo… non possiamo mettere il chitarrino trikkitrikki sulla “compi” di raga radio stescio…” Redemption song gli faceva schifo.
Volevo far bella figura e, invece di lasciare che la canzone mi tirasse dentro feci l’errore di voler farla uscire per come si aspettavano i produttori. Una cacca.
La Hierbamala la suonò cinque anni dopo e venne dal cuore. Lo puoi sentire ancora battere.
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Ora d’aria a Babylon:
RESISTENZA IN TESTA!
Hierbamala Reggae Patchanka Italia insieme agli amici de Il Farina
In occasione delle celebrazioni del 25 aprile partecipa a questa campagna di raccolta fondi a favore di Mediterranea ONG da sempre impegnata nel salvataggio e assistenza in mare dei migranti
Ci saremo, insieme ad artisti di grande livello e questo ci rende orgogliosi nella nostra scelta di aderire a questa manifestazione.
Auguriamo a tutti di ESSERE RESISTENTI … ora e sempre!
Per info: info.hierbamala@gmail.com
DREADLOCKS

Dreads, dreads, dreadlocks!…
Da sempre sono un simbolo del Reggae, di una filosofia di musica e di vita che arriva da una terra lontana ma vicina al cuore di molti, trasmettono immediatamente Jamaica flavor per tutti coloro che amano le good vibes dei concerti reggae.
Anche il Reggae Italia naturalmente ha i suoi “capelloni” iconici, e uno di questi è sicuramente il nostro Levi Papa Tambo, l’uomo delle percussioni, dall’inizio del cammino l’addetto allo spicy sound della Hierbamala.
Hic sunt leones!
Roba per gente fiera di viaggiare in controtendenza.

I suoi dreads hanno visto vent’anni di palcoscenici e di storia del Reggae di casa nostra, una bandiera per gli amici della Hierbamala.
Guardatelo mentre sfida nientemeno che il Bunna a chi ce li ha più lunghi, prima di salire sul palco ad agitarli a ritmo Reggae Patchanka …
ed è una gran bella sfida, giudicate voi!